Belgio: abbondante trasmissione di virus negli allevamenti di api regine

Mossa dal basso successo dell’allevamento di api regine, una ricerca ha evidenziato la frequentissima trasmissione verticale di numerosi patogeni dalle regine utilizzate come riproduttori.

In Belgio è attivo un programma di sostegno alla selezione e all’allevamento di api regine, nel cui ambito vengono tra l’altro messe a disposizione di un numero limitato di allevatori alcune stazioni isolate di fecondazione, posizionate sulla terra ferma e su isole della Germania e dei Paesi Bassi. Le migliori regine del programma, a cui partecipano allevatori di carniche e di Buckfast, diventano, dopo due anni di valutazioni, a loro volta madri di regine che vengono distribuite su larga scala agli apicoltori. Il programma ha riscosso un notevole interesse, ma, tra scarsa accettazione dei traslarvi (61-71%) e pochi successi nelle fecondazioni e nelle introduzioni (75-80%), complessivamente solo il 49-53% dei traslarvi ha originato regine deponenti, un valore sicuramente insoddisfacente.

Per tentare di migliorare il parametro è stata pubblicata e distribuita una guida tecnica sulla modalità corretta per introdurre una nuova regina. Siccome il problema è però persistito, sono stati eseguiti dei controlli sanitari sulle regine madri nel 2012 e nel 2014. E’ noto infatti che le api possono essere infette da vari RNA virus a singolo filamento e la trasmissione può avvenire sia orizzontalmente, tra individui della stessa generazione, sia verticalmente, dai fuchi tramite sperma infetto o dalle regine per l’infezione degli ovari o della spermateca. Benché regine e fuchi siano più protetti in quanto nutriti solo dalle api nutrici, è noto che sono entrambi suscettibili a diversi virus.

Ravoet e colleghi hanno impiegato un metodo non invasivo per verificare la possibilità di trasmissione verticale dei patogeni: hanno raccolto le uova appena deposte dalle regine e cercato i virus con tecniche di biologia molecolare.

Il lavoro ha evidenziato nelle uova una prevalenza molto alta di vari virus: in due anni di campionamenti il 75% dei campioni di uova era infetto da almeno un virus e il 42% presentava infezioni multiple. I virus rilevati più frequentemente sono stati il virus delle ali deformi (associato a varroa e una delle principali cause di mortalità invernale), presente nel 40% dei campioni, il virus della covata a sacco (42%,) il virus del Lago Sinai (28%) e il virus della paralisi acuta (14%), con prevalenza uguale o minore del 5% il virus della paralisi letale dell’afide, virus della cella reale nera, virus della paralisi cronica e Varroa destructor macula-like virus. Nei 78 campioni raccolti quelli di razza carnica presentavano un tasso di infezione da virus della ali deformi del 30%, significativamente inferiore al tasso di infezione dei campioni di Buckfast (78%); anche il numero medio di virus era significativamente inferiore nelle carniche (1,1%) che nelle Buckfast (2,3%). Tale dato deve essere riferito ai campioni analizzati e sicuramente a questo livello delle conoscenza non è generalizzabile, ma solleva il problema dell’utilizzo di ceppi e riproduttori il più possibile, se non resistenti, almeno immuni da virus, risultato che si può ottenere con tecniche di biologia molecolari dai costi ormai relativamente contenuti. La forte influenza del “fattore allevatore” non ha permesso però di dimostrare una correlazione tra la presenza dei virus ed il basso successo dell’allevamento di regine.

Lo studio ha anche permesso di evidenziare per la prima volta per alcuni virus la trasmissione verticale.

Fonte: http://www.mieliditalia.it/